La Fogheraccia di San Giuseppe, un rito di ieri e di oggi in Valconca
Se passate per la Valconca la notte del 18 marzo la vedrete punteggiata di fuochi che illuminano la campagna, creando un’atmosfera a tratti surreale.
Se avete la fortuna di avvistarne, fermatevi e assistete ad uno degli antichi riti della Romagna, la Fogheraccia.
Origini e Significato della Fogheraccia
La Fogheraccia è una tradizione legata San Giuseppe: nella notte tra il 18 ed il 19 marzo si accendono i fuochi per festeggiare questa ricorrenza.
La festa però affonda le sue origini nel paganesimo ed è legata al solstizio di Primavera ed ai raccolti.
L’usanza di bruciare legni e sterpaglie, infatti, era un rito purificatore per propiziare la fertilità dei terreni e tenere lontano il gelo che poteva sopraggiungere improvviso a marzo e gelare le prime gemme degli alberi e dei raccolti, segnale di un tempo in cui l’uomo e la natura dialogavano attraverso simboli potenti come il fuoco.
L’usanza era anche un momento di aggregazione, le famiglie si riunivano intorno al fuoco a festeggiare, tra canti, musica, ciambella e buon vino.
Ricordiamo tutti una delle prime scene di Amarcord dove i protagonisti festeggiano intorno alla pira accesa, mentre sulla sua sommità brucia il fantoccio di una vecchia che rappresenta l’inverno che se ne va.
La Fogheraccia in Valconca, un rito che si perpetua ancor oggi
La Fogheraccia, oggi come allora, è un momento di aggregazione.
Oggi, per motivi di sicurezza, non viene più accesa in ogni aia, ma si fa un fuoco unico, grande, intorno al quale si riunisce la Comunità a festeggiare questo rito di passaggio.
Tra le più famose in Valconca ci sono quelle di San Giovanni in Marignano, nella frazione di Pianventena e quella di Montescudo.
La Comunità si riunisce intorno al fuoco e i bambini guardano estasiati le fiamme levarsi verso l’alto in un gioco sempre mutevole di forme, il profumo della legna che arde, i giochi, il rincorrersi intorno alla pira, con i richiami delle mamme alla prudenza, l’affidare al fuoco purificatore tutte le tristezze e le difficoltà dell’inverno, nella speranza che l’indomani parta una nuova stagione vitale.
La notte del 18 marzo diventa così un momento dove il Sacro si riunisce al Profano, entrambe in un ancestrale rito propiziatorio e di celebrazione che rafforza i legami comunitari, offrendo un momento di gioia collettiva.